Nel dicembre 2018 Antonio Colombo viene invitato ad Hong Kong come ospite a Business od Design Week, il più importante evento di design del Sud Est Asiatico.
All’interno della giornata “Reinventing Brands Through Design”, il discorso di Colombo “Design is an attitude” racconta ancora una volta la visione e la missione di Cinelli.
Eccolo tradotto in italiano.
Quello che avete appena visto è un filmato fatto da alcuni giovani amici e racconta, in modo forse ingenuo ma abbastanza completo, i valori di Cinelli.
Adesso gireranno dietro di me più di 400 immagini di una vita, la mia, in cui design, arte e tecnologia si sono intrecciati per ben 40 anni…
Devo essere chiaro fin dall’inizio. Io non sono un designer. Ne un artista o un ingegnere. Sono un industriale “riluttante”. A 26 anni, quando mio padre mancò e mi sentii obbligato a rilevare la direzione della sua impegnativa fabbrica di tubi d’acciaio, il mio piano era di trasferirmi in Irlanda, aprire un bed & breakfast e dedicarmi alla pesca con la mosca!
Forzato a prendermi cura dell’azienda di famiglia, iniziai immediatamente a cercare all’interno uno sfogo ai miei impulsi creativi. E lo trovai nella bicicletta. In particolare in Columbus, la divisione, quasi in disuso, dedicata ai tubi per biciclette e poco dopo anche attraverso Cinelli, un cliente Columbus che acquisii tra il 1978 e il 1979.
Il mio approccio al design non fu da laureato di una scuola specializzata, o da architetto o ingegnere. Ma piuttosto da un giovane cresciuto nel pesante clima della Milano degli anni 70, fatto di terrorismo, rapimenti, scioperi e altre situazioni drammatiche.
La mia educazione estetica è derivata principalmente dalla musica rock e dalle controculture in generale. Quello che si sentiva, vedeva e provava nella musica, nel cinema underground, nella letteratura di fine anni 60 e 70 era completamente sconnesso rispetto alla quotidianità di un giovane milanese. Rappresentavano l’estetica del futuro. Ed è stato attraverso tutto questo che ho scoperto i colori, la creatività e, ancora più importante, l’idea di design non solo come progetto ma come un’etica, come sistema di comunicare nuove attitudini di vivere secondo valori estetici.
Grazie a questo approccio sono stato capace di vedere nella bicicletta un veicolo dalla funzionalità perfetta ma con un potenziale sociale ancora inespresso, utopico.
La bicicletta è già un oggetto di design tecnicamente perfetto, mi dissi. Dovevo intervenire sui dettagli e sugli utilizzi della bici piuttosto che sull’oggetto in se. Dovevo capire meglio le sue possibilità.
Dovevo creare il terreno per APPROCCI DIFFERENTI ALLA BICICLETTA.
Conseguentemente il mio timore e la mia ansia erano che producendo biciclette producessimo SOLTANTO biciclette, producendo tubi producessimo SOLTANTO tubi. Scoprire la storia del “Bauhaus segreto” dell’azienda di mio padre mi aiutò a superare questo timore e questa ansia. Negli anni 30 l’azienda aveva acquistato la licenza per produrre e commercializzare l’arredamento in tubolare d’acciaio di Marcel Breuer e altri grandi designer dell’epoca. A casa non se ne parlava mai perché, vista la vicinanza del Bauhaus con il regime (avevamo arredato per intero quello che è il manifesto del razionalismo italiano con l’Architetto Terragni ma si chiamava Casa del Fascio), si credeva dovesse essere tenuto nascosto. Ma la sua scoperta, sedute, poltrone, scrivanie, tessuti originali accatastati in un magazzino polveroso, fu una rivelazione. D’improvviso avevo la certezza che produrre tubi non significasse solamente produrre tubi, ma poteva anche voler dire cultura! Credo che questa sia una lezione importante e interessante per ogni imprenditore!
E fu anche grazie a questa sicurezza e attitudine che, per esempio, Cinelli divenne la prima azienda in Europa a produrre e commercializzare Mountain Bike. La MTB rappresentò un modo del tutto nuovo, libero, creativo di intendere la bicicletta e divenne il primo, naturale, passo del nuovo corso di Cinelli .
Attraverso questo periodo, e ancora oggi, il mio non essere un ciclista professionista, ma comunque pedalo ogni volta che posso, ne un designer ha permesso alla mia azienda di contaminare, ed essere contaminata anche da altri mondi. Non essendo un ciclista professionista, mi è stato possibile dedicarmi ad altre ricerche culturali. Non essendo un designer, il mio approccio al design non è mai stato solamente orientato al prodotto ma alle arti in generale. Mi aprii al grande fermento culturale di Milano degli anni ‘80 e soprattutto all’approccio “non-rigoroso” “non-funzionalista” dei gruppi come Alchimia e Memphis, e in particolare di Alessandro Mendini. DA QUI SCOPRII CHE L’APPROCCIO PERFETTO PER ME NON ERA PERCHÉ, MA PIUTTOSTO PERCHÉ NO?
Questo approccio mi portò al design di oggetti che non esistevano nel mondo del ciclismo, come il primo nastro manubrio al mondo in EVA, e l’Original Cork Ribbon, le appendici Spinaci e prodotti altamente tecnologici come il cockpit integrato in carbonio RAM, e la bicicletta che ha vinto più Olimpiadi e titoli mondiali della storia, la Laser.
La mia relazione con gli ingegneri e con gli aspetti tecnologici del design ha sempre preso le forme della provocazione. La provocazione è di solito l’idea di un nuovo modo di intendere la bicicletta, e questa provocazione funge da stimolo allo sviluppo di nuovi metodi costruttivi, garantendo la competitività dell’azienda ad altissimi livelli.
Durante gli anni 80 e 90 Cinelli divenne famosa in tutto il mondo come l’unica azienda del ciclismo capace di produrre valori ciclistici alternativi. Abbiamo collaborato con artisti, con famosi graphic designer, abbiamo creato oggetti che non esistevano, ecc.
Ma fu solo nei primi 2000 che la mia visione estesa della bicicletta potè divenire una realtà. A farla semplice, in quegli anni la cultura giovanile aveva pervaso la bicicletta per la seconda volta (la prima era stata la MTB). Questa volta lo fece a livello globale, grazie all’annullamento delle distanze spaziali e temporali determinato dalla rivoluzione digitale, connettendosi per la prima volta con la nascente “street culture”. Fino a quel momento la bicicletta era sempre rimasta per lo più attrezzatura per fare sport o mezzo di trasporto. La sua adozione da parte della cultura giovanile fu già di per se un atto di design, che la trasformò in un fenomeno sociale e ne modificò radicalmente la funzione. D’improvviso la bici da corsa non era solamente una bici da corsa, ma divenne una urban fixed gear, una cargo, una bici da avventura, una gravel.
In particolare lo scatto fisso urbano, una bici da pista senza freni utilizzata in città che catalizzò l’attenzione dei giovani verso il ciclismo, è un buon esempio della design strategy di Cinelli. La continua attenzione ai risvolti socio culturali che gravitano attorno alla bicicletta ha permesso a Cinelli di identificare la tendenza non solo prima degli altri ma anche nella sua completezza di fenomeno culturale, agevolando lo sviluppo delle famose famiglie MASH e Vigorelli, che riuscirono ad abbinare caratteri sociali e tecnici.
Quando iniziammo a sviluppare una nuova generazione di bici a scatto fisso disegnate appositamente per un utilizzo urbano, a differenza delle originali bici da pista, la gente iniziò, soprattutto in Italia, a chiedermi che senso avesse una bici senza freni. La mia risposta era sempre, per reinventare i freni! Insieme ad appassionati rider di tutto il mondo non solo reinventammo il modo di frenare in città, ma reinventammo anche la guidabilità e le geometrie della bicicletta urbana.
Grazie alla ricerca e al lavoro degli anni 80 e 90 per dimostrare che la bicicletta potesse essere anche un contenitore di valori ed emozioni e non fosse solo uno sport o un mezzo di trasporto, questi nuovi ciclisti del 2000 adottarono Cinelli come riferimento.
Il cappellino Cinelli, ad esempio, divenne un simbolo globale di questi valori alternativi, arrivando a vendere più di 100.000 pezzi l’anno, senza contare le imitazioni.
Il cappellino è l’esempio perfetto di cosa voglio dire quando dico che non ho inventato nulla. Il cappellino non è nuovo, esiste da più di 100 anni, ma c’è qualcosa nel modo in cui Cinelli lo presenta che attira moltissime persone. Io la chiamo “tecnologia umana”, e non l’applichiamo solo ai prodotti tecnologicamente avanzati e performanti, ma ad ogni aspetto dell’azienda.
Il design nella cultura giovanile e non solo, e in particolare in quella legata al ciclismo, è un processo che comprende tutto quello che c’è prima del prodotto, nel prodotto, e nell’utente finale.
Infatti oggi per Cinelli design vuol dire “happy to make another rider happy” (felici di rendere un altro ciclista felice). In poche parole il design è l’azienda.
HAPPY TO MAKE ANOTHER RIDER HAPPY (ripetuto).
Ci chiediamo continuamente come rendere felici gli altri ciclisti. In tutti i sensi e in tutte le direzioni: attraverso la partecipazione (sui Social Media ad esempio), aumentando la sicurezza dei nostri prodotti, creando un senso di comunità, affinando l’estetica, aiutando i giovani ciclisti a trovare sempre nuovi modi per usare le loro biciclette…
Quanto detto è sintetizzato visivamente dal Pedalor, scultura (creata da Alessandra Cusatelli) ispirata al Modulor, moderna rivisitazione di Le Corbusier nel 1955 del leonardesco Uomo di Vitruvio come studio sulle proporzioni umane in funzione delle nuove esigenze abitative. Nella mano è stata aggiunta una bicicletta sostenuta con vigore sopra il capo, come nelle prime critical mass del 1992. Quando il prodotto diventa simbolo e si accompagna ad un gesto il design è compiuto e sfiora l’Arte.